Macerata, serata del 7 giugno 2010, vigilia della finale scudetto Primavera tra Empoli e Genoa. Vicino all’albergo del Grifone c’è un parco giochi e appeso all’elastico di una specie di bungee jumping, sotto gli occhi divertiti di alcuni compagni, ecco Mattia Perin, in volo con le braccia spalancate, come quando esultava imitando l’airone cinerino delle paludi pontine. E’ così che Perin si preparò alla partita più importante della sua acerba carriera sportiva. Partita finita poi con la conquista del titolo anche grazie al suo determinante contributo (7 in pagella per la Gazzetta). «Sì, è tutto vero, ormai sono passati quasi due anni e si può dire — ammette divertito il portierino del Padova — ma all’epoca ero un po’ più spensierato di adesso, avevamo venti minuti liberi dopo cena, così…».
Scuola italiana Questo episodio serve a inquadrare il personaggio Perin, 19 anni tra pochi giorni, un condensato di personalità, simbolo della scuola dei portieri italiani che si sta facendo onore in Serie B. Gli under 21 (quasi) stabilmente tra i pali sono Bardi (Livorno), Colombi (Juve Stabia), Donnarumma (Gubbio), Leali (Brescia) e, appunto, Perin, che ha anche la media-voto più alta (6,36). Poi c’è il caso strano di Pinsoglio, titolare nell’Under 21 e solo da poco nel Pescara (ha giocato molto di più Anania). E un under 21 che sta facendo molto bene, ma è di nazionalità ungherese, è Kovacsik, numero uno della Reggina. Ma torniamo a Perin. Finora il portiere di scuola genoana ha giocato 7 partite con il Padova, e il posto l’ha ottenuto un po’ per merito e un po’ per fortuna. «In estate le gerarchie sembravano chiare — spiega — Pelizzoli titolare, Cano riserva e io come terzo. Invece Dal Canto mi ha portato subito in panchina. E quando Pelizzoli si è fatto male, è toccato a me. Una iniezione di fiducia e anche una bella responsabilità, visto che Cano è un idolo dei tifosi e ha dato tanto al Padova». Perin è di Latina, ma non è mai finito nei radar di Roma e Lazio. «Forse non sono venuti a vedermi da ragazzino o mi hanno visto e hanno ritenuto che non sarei diventato un buon portiere», è la sentenza.
Personalità da vendere In realtà, un buon osservatore non avrebbe dovuto toppare in modo così clamoroso. Buon per il Genoa, che l’ha notato, preso e adesso l’ha blindato fino al 2015. «Tornare al Genoa sarebbe un sogno, ma ci penseremo a luglio. Adesso c’è soltanto il Padova. La nostra forza è un gruppo di ferro, alla Serie A crediamo, anche se l’allenatore Dal Canto ha ragione quando dice che non siamo il Barcellona». La personalità di Perin in campo si nota subito, ma lui è bravo a non trasformarla in presunzione: «In che cosa mi sento più sicuro? In realtà in nulla. Mi piace uscire dai pali, ma devo ancora imparare in tutto. Il mio modello è Handanovic, ma come Buffon non c’è nessuno». Da piccolo era tifoso interista, adesso è quasi un ultrà del Latina: «E’ una passione sfrenata. Il derby con il Frosinone ho potuto seguirlo soltanto alla radio ed è stata una sofferenza pazzesca».
Fonte | Roberto Pelucchi per Gazzetta dello Sport
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