PADOVA È stata la domenica delle lacrime, delle preghiere, delle domande senza risposta. Anche in casa biancoscudata. Sono diversi i giocatori del Padova che hanno condiviso parte del proprio cammino con Piermario Morosini, in biancoscudato per sei mesi a inizio 2010. Condividendone, tutti i giorni, quello stesso spogliatoio in cui sabato pomeriggio è arrivata la tragica notizia. Una telefonata maledetta. Vincenzo Italiano, il capitano, prova a farsi forza e raccontare uno dei giorni più tristi della carriera. «Avevamo da poco finito l’allenamento a Bresseo», racconta il regista »quando mi è arrivata la telefonata che non avrei mai voluto ricevere. Mario si era sentito male, mi dicevano. Eravamo rimasti in pochi al campo, tutti sotto shock. Sono tornato a casa sperando che le sue condizioni potessero migliorare e invece abbiamo dovuto solo arrenderci alla tragedia». I ricordi di un campionato.Restano i ricordi di mezzo campionato giocato fianco a fianco… «Abbiamo condiviso gioie e dolori di una stagione pazza, la prima dal ritorno in serie B. Mario era arrivato a gennaio, non ci avevo mai giocato insieme, ma l’ho subito apprezzato per quel suo modo di intendere la vita. Sapevo tutto quello che gli era successo, la perdita dei genitori e del fratello, eppure era sempre sorridente, solare. Si faceva volere bene da tutti e non è un luogo comune. Era un ragazzo d’oro, disponibile in qualsiasi momento con chi aveva bisogno». Sono due le istantanee al fianco di Morosini che Vincenzo Italiano non dimenticherà mai. Curiosamente la prima e l’ultima della breve carriera del mediano bergamasco in biancoscudato. Partiamo dalla fine, il giorno più dolce: «La partita di ritorno della spareggio salvezza a Trieste, Mario entra gli ultimi 15 minuti e si piazza al mio fianco, a centrocampo, per difendere con le unghie quella vittoria. Ricordo che si calò subito nello spirto battagliero e poi ci abbandonammo tutti a una nottata di festa. Lui era sempre in prime linea negli scherzi, nelle battute, nelle frecciatine tipiche della vita di spogliatoio». Il primo giorno a Bresseo. Poi c’è il primo giorno di Morosini a Bresseo, in cui il nuovo arrivato si rivolge subito al capitano: «Giocavamo nello stesso ruolo, inevitabile ci confrontassimo spesso. Ricordo nitidamente le sue parole, appena arrivato. “Vicenzo”, mi disse “tu sai mandare a rete i compagni, fai tanti assist. Per crescere mi mancano i gol, voglio riuscire a segnare anch’io per diventare più completo. Spero riuscirai a fornirmi qualche pallone vincente”. Ci tenevo ad accontentarlo ma purtroppo non riuscì mai a segnare in quella stagione».L’ultima volta che si sono incrociati è stata dieci giorni fa, dopo la vittoria del Padova contro il Livorno; «Parlammo al termine della partita per una decina di minuti. Era deluso per il risultato, in campo non si risparmiava mai, correva a perdifiato per tutti i novanta minuti, era davvero al servizio della squadra. Però l’avevo trovato sereno, mi diceva che dalla prossima stagione avrebbe voluto legarsi fin dall’inizio ad una squadra perché era stufo di peregrinare da una piazza all’altra». La tifoseria: tutti con il 25. I tifosi hanno proposto che scendiate in campo venerdì indossando la sua maglia versione “fluo”, quella di Trieste, con il numero 25. Avete pensato a qualcosa per ricordarlo? «No, ma sarà la prima cosa che faremo oggi pomeriggio quando ci ritroveremo in spogliatoio. E vogliamo trovare un modo come si deve per salutarlo». Il calcio si è fermato per una domenica. Ora bisogna trovare la forza per andare avanti, lavorando per evitare nuove tragedie: «Giusto così, il pallone è gioia, non si poteva giocare ieri. Ora però si continua, Mario amava questo sport e sono sicuro che da lassù sarà felice di vedere i suoi compagni continuare a lottare in campo come faceva lui».
Nel Padova di due anni fa giocavano con lui Totò Di Nardo e Daniele Gasparetto, che hanno avuto lmodo di conoscerlo a fondo:: «Ho giocato con Piermario», ricorda Di Nardo, «era un ragazzo fantastico, come lui se ne trovano pochi in giro. Sono cose che ti toccano e che non ti riesci a spiegare». L’attaccante granata preferisce pensare a una fatalità: «Io credo molto nel destino. Credo che sabato qualcuno, da lassù, abbia pensato che fosse arrivato il suo momento». Ma tanti casi anloghi, uno dopo l’altro, fanno pensare: «In Italia siamo tutti controllatissimi, più che all’estero. Due anni fa c’era al Padova Felipe a cui era stata negata l’idoneità. Mi risulta che adesso giochi in America. Non so perché accadano questi fatti, forse dipendono da una vita stressata». Di Nardo e Morosini: «Era un ragazzo riservato, dovevi coinvolgerlo per entrare in dialogo con lui. Caso vuole che l’abbia nominato giorni fa con un compagno, ricordando un aneddoto: si era appena preso l’auto nuova e gli avevano detto che sarebbe dovuto finire alla Reggina. Lui non voleva portarla in Calabria, perché aveva paura gliela rubassero. Io lo prendevo sempre in giro perché era l’unico a lasciare a casa una macchina nuova». Sabato Di Nardo ha pure segnato. Un gol dedicato tutto a Morosini: «E’ normale che il pensiero vada al ragazzo. Ha avuto problemi familiari. Ha sempre combattuto in campo e fuori. Era un ragazzo d’oro. adesso il destino vuole che nella prossima giornata Cittadella e Padova affrontino proprio Livorno e Pescara». Anche Daniele Gasparetto ha giocato con Morosini in maglia biancoscudata: «La notizia mi ha impietrito», dice dice il difensore del Citta, «in sei mesi ho avuto modo di conoscerlo bene, era un ragazzo strepitoso». Gasparetto ha seguito il dramma dagli spalti del Tombolato attraverso il telefonino: «Non riuscivo a crderci, è ingiusto e assurdo. Piermario nella vita era stato molto sfortunato ma non voleva mai parlare delle sue vicende familiari, temeva di passare per vittima, aveva rispetto e grande dignità».
Fonte | Stefano Volpe e Federico Franchin per Il Mattino di Padova
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