Intervista doppia tra Fabrizio Salvatori e Stefano Marchetti (A QUESTO INDIRIZZO) a Il Mattino, tra il derby che verrà e i ricordi di un passato comune in biancoscudato.
PADOVA «Quando vedo Marchetti ogni tanto lo stuzzico. E se lo prendo in giro lui si arrabbia: “sta bon, dei, basta”, mi risponde». Vedere Salvatori, uomo sempre serio e impeccabile, abbandonare l’accento marchigiano per imitare il burbero linguaggio veneto del collega granata, non ha prezzo. Ed è anche da questo particolare che si intuisce l’amicizia sincera che lega i dirigenti di Padova e Cittadella. Stefano Marchetti e Fabrizio Salvatori si troveranno contro per la prima volta nel derby di sabato. La conoscenza tra i due risale al 1982 quando l’attuale ds biancoscudato sbarcò a Padova, nelle vesti di terzino, mentre il dg Marchetti era una giovanissima punta cresciuta nel vivaio dell’Appiani. «Quando facevamo le partitelle insieme lo marcavo e qualche “randellata” glie la tiravo» ricorda con il sorriso Salvatori. Almeno sono servite a farlo crescere? «Sì, è stato un buon attaccante: rapido e con un sinistro fulmineo. Mi fa piacere che mi ricordi con un compagno che l’ha aiutato ad inserirsi. Siamo rimasti in contatto e d’estate mi viene a trovare a Fano». Dietro la scrivania come lo vede? «Alla grande. Ha fatto cose egregie nel Cittadella e mi piacerebbe vederlo confrontarsi su palcoscenici prestigiosi. Se lo meriterebbe. Ha grande fiuto, soprattutto per le punte: assieme a Foscarini riesce a far rendere al meglio attaccanti mai così tanto prolifici con altre maglie». È dura trattare con lui? «Molto. Ricordo ancora quanta fatica ho fatto per vendergli Campo, ai tempi in cui ero al Torino. Per Marchetti i suoi giocatori valgono sempre oro, mentre quelli degli altri una pipa di tabacco. Ma ha ragione: è un tipo scaltro, ha imparato fin troppo bene a fare questo mestiere». Cittadella favorito sabato? «La classifica, al netto delle penalizzazioni, dice che noi e i granata siamo alla pari. Loro volano dal punto di vista dell’entusiasmo, ma io conto sulla voglia di riscatto dei miei dopo la pessima gara di Varese, dove siamo stati un po’ presuntuosi. Nel derby dobbiamo far vedere quanto valiamo». È un Cittadella da playoff? «Sono temibili, pericolosi e costruiti bene. Possono essere la sorpresa della stagione come fu il Padova del 2011». Chi toglierebbe ai granata? «Foscarini. In otto anni ha fatto miracoli». Quelli che i tifosi dell’Euganeo chiedono ora a Pea. «Con il tecnico c’è stata fin da subito grande sintonia. Si è calato nel modo migliore in questa realtà dimostrando di saper reggere senza alcun problema una piazza diversa da Sassuolo e facendo tornare l’entusiasmo tra i tifosi». Siete soddisfatti del cammino biancoscudato finora? «In linea di massima sì, anche se, avessimo qualche punto in più, saremmo tutti più sereni, dai tifosi al presidente. Ma a conti fatti è andata veramente male solo la gara di Varese. Una su 14 ci può stare, anche se mi è spiaciuto molto per i tifosi che ci hanno seguito all’Ossola nonostante la bufera». Dura tenere a freno il patron? «Cestaro vuole vincere, come tutti. Ma è una persona che mi ha stupito positivamente. Averne di presidenti come lui». La classifica rispecchia i reali valori del campionato? «Le tre davanti corrono molto, ma per dare un giudizio preciso bisogna aspettare la fine del mercato di gennaio, che può stravolgere le rose». A proposito, come vi state muovendo? Arriverà qualche svincolato come De Zerbi? «Stiamo sondando alcuni giocatori, compreso il fantasista ex Cluji, ma faremo le nostre valutazioni senza fretta e non prima della prossima settimana. Non escluso nulla e da qui a gennaio possono cambiare molti giudizi. È vero che abbiamo perso due uomini a centrocampo, ma abbiamo ancora quattro ragazzi validi in questo reparto. Vediamo che risposte daranno sul campo». Dove vuole arrivare questo Padova? «Non ci poniamo nessun limite»
Fonte | Stefano Volpe per Il Mattino di Padova
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