Tre stagioni e mezzo ad alta intensità emotiva all’ombra del Santo e un addio in punta di piedi. Il romagnolo William Jidayi incrocia di nuovo il suo destino con quello del Padova a meno di tre mesi dal suo passaggio alla Juve Stabia e si racconta questa mattina sulle colonne di Gazzettino e Mattino:
“Dopo tre anni e mezzo è normale ci si affezioni a una piazza e a una città per cui il fatto di andare via non può non lasciare indifferenti. Ci sono affetti, si acquisiscono abitudini nella vita quotidiana, e sul piano sportivo ho provato emozioni e ottenuto risultati che inevitabilmente ti legano a quella squadra. Sono stato ben voluto, mi resterà tutto nel cuore e credo di avere lasciato anch’io un buon ricordo. Tutti sanno quant’ero affezionato a Padova, cui mi legano le emozioni più belle della carriera, ma nel calcio si cambia e io sono contento della scelta fatta.”
Come va la tua nuova avventura a Castellamare? «Mi sono ambientato subito benissimo, Sono stato accolto benissimo e questo ha reso meno duro il distacco, pur vivendo a Ravenna, poi conosco abbastanza la zona, dato che mia mamma è originaria di Salerno, città in cui vivono i miei nonni e ho sempre trascorso la le feste. Si vive bene e la squadra è ambiziosa, non abbiamo ancora vinto, ma sono fiducioso perché c’è tutto il potenziale per metterci al sicuro e sappiamo che, in un campionato difficile e strano come quello di Serie B, è capitato a squadre che all’inizio faticavano a ingranare di diventare la sorpresa del torneo.”
E’ vero che il vostro terreno di gioco è infido? «Non è un sintetico di ultima generazione, ora se ne vedono sempre di più in giro, ma è stato messo in piedi solo 3-4 anni fa». Legati ha detto che vi dà dei vantaggi. «Non credo, abbiamo raccolto solo un punto in tre partite, finora, in casa. Siamo più abituati a giocarci ma non rappresenta certo un fattore decisivo».
La gente del sud è pressante? «Il calcio è vissuto in modo molto passionale qui, come lo era anche a Padova. Qui però la gente ti ferma anche per strada e ti mette i bambini in braccio per fare una foto. Il tifo è un martello, tengono molto alla squadra. E a me piace».
Cosa si porterà dentro dalla sua esperienza all’ombra del Santo? “A Padova ho capito cosa significa giocare in una piazza importante, vincere e perdere, avere pressioni, tifosi esigente e provare emozioni forti. La promozione è stato il momento più alto, anche perché a un certo punto non ci credeva più nessuno, ma aggiungerei la vittoria a Trieste l’anno dopo. Era come riconquistare quello che avevamo vinto prima.”
Cosa cancellare invece?: “Il mio infortunio al legamento crociato, sempre una cosa delicata e che ti impedisce di giocare per un periodo lungo, assistendo solo da fuori alla grande rimonta con Dal Canto e alla finale promozione. L’anno scorso? L’esito di una stagione è legato a tante variabili, è difficile trovare l’unica spiegazione.”
Cosa aspettarsi dalla gara di domani? “Con la partenza di Cano e Bovo oltre alla mia si è chiuso un mini ciclo; la squadra è reduce da due vittorie che danno morale e immagino i giocatori belli carichi, anche perche conosco Pea che mi aveva allenato alle giovanili del Ravenna. E’ un tecnico che ha ottenuto ottimi risultati ad ogni livello. La squadra c’è, può togliersi soddisfazioni quest’anno e le due vittorie consecutive avranno caricato l’ambiente. Se potessi sceglierei Anania che mi è piaciuto molto nella gara a Brescia. Stiamo cercando di preparare nel meglio questo match che ritengo difficile per entrambe; noi cerchiamo i tre punti per sbloccarci, il Padova per proseguire la striscia positiva e dare continuità. La sensazione di trovarmi di fronte quella maglia che era mia sarà davvero particolare. Ma devo dire la verità, non ho avuto nemmeno il tempo di pensarci troppo”.
Nessuno sconto quindi? “Assieme all’Empoli siamo gli unici a non aver mai vinto e questo ci pesa non poco. Dobbiamo iniziare a raccogliere il prima possibile i punti per raggiungere l’obiettivo salvezza. Non posso guardare in faccia al mio vecchio Padova, abbiamo bisogno di vincere subito”.
Fonte | Andrea Miola per Il Gazzettino | Stefano Volpe per Il Mattino di Padova
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