Sono passati quattro mesi esatti da Padova-Torino, ma la partita più lunga e polemica del calcio italiano non trova ancora un posto definitivo negli archivi e sugli almanacchi. Dopo la decisione del giudice sportivo di assegnare, lo scorso 15 marzo, la vittoria a tavolino ai granata per la responsabilità oggettiva del club veneto nel blackout dell’impianto luci dello stadio “Euganeo”, ora la vicenda si riapre per il (previsto) ricorso del Padova alla Corte di Giustizia Federale. Venerdì scorso i legali della società biancorossa hanno presentato i documenti per riottenere i tre punti ed oggi il Toro consegnerà alla Corte le proprie controdeduzioni da allegare alla pratica.
Dopo aver studiato le 400 pagine di documentazione sulla sentenza di primo grado, il Padova e l’avvocato Grassani hanno presentato un reclamo che cerca di smontare la perizia all’impianto elettrico fatta dalla Procura federale e di contrastare l’errata procedura dell’arbitro Calvarese nel sospendere la partita e farla recuperare senza attendere i canonici 45 minuti di attesa. Il Torino, invece, si fa forza della sentenza di primo grado del giudice Valente (che ha assegnato lo 0-3) e ribadisce la responsabilità oggettiva del Padova in quel fatidico 3 dicembre 2011. Anche perché quei 3 punti possono cambiare la classifica nel momento cruciale della stagione e il Toro, dopo aver ottenuto giustizia, non vuole fare sconti.
La Corte di Giustizia Federale dovrà fissare l’udienza, a cui parteciperanno le due società divise da una querelle unica, e visto che delibera una volta a settimana e solitamente il giovedì, è presumibile che la sentenza di secondo grado possa giungere il 20 aprile. Non troppo lontano da Torino-Padova, in programma il 4 maggio, e comunque prima della fine del campionato. Anche se nessun esperto di giustizia sportiva si sente di escludere un eventuale ricorso al tribunale del Coni. Perché ormai sulla sfida infinita, scrivere la parola “fine” sembra quasi impossibile.
Fonte | Gianluca Oddenino per La Stampa
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