Uno vive a Tombolo (dove è nato) e allena il Vicenza. L’altro abita a Dueville e guida il Padova. Un incrocio davvero singolare tra Massimo Beghetto e Alessandro Dal Canto, che lunedì sera si ritroveranno al Menti. Campo, tra l’altro, che hanno calcato da giocatori con la stessa maglia, quella del Vicenza appunto. «Siamo stati compagni di squadra per sei mesi nell’anno della vittoria della Coppa Italia con Guidolin – ricorda Beghetto – Poi ci siamo ritrovati qualche stagione più tardi quando lui è tornato, in panchina c’era Reja. Oggi non è che ci sentiamo spesso, l’ultima volta è stata un paio di anni fa quando ero al Bassano».
Quale è il suo ricordo di Dal Canto? «Una persona schietta, sincera, con personalità e idee chiare. Già da giocatore aveva queste caratteristiche». Lunedì prima che inizi il derby senz’altro vi incrocerete. Che gli dice? «Ci saluteremo sicuramente. E ci faremo un in bocca al lupo reciproco, anche se lottiamo per due obiettivi diversi». A proposito, per lei sarà la terza partita in panchina da quando è stato promosso dalla squadra Primavera (altra analogia con Dal Canto) al posto di Cagni. E il trend della squadra nelle ultime 10 uscite è stato tre pareggi e sette sconfitte, tanto da essere in zona play out. «È un periodo un po’ complicato. Per come era cominciata la stagione, poi l’arrivo di Cagni aveva ridato valori ed equilibrio alla squadra, poi si è tornati in un momento difficile con un altro cambio in panchina. Quando accade così, significa che i motivi sono molteplici. Da quando sono arrivato, sono alla ricerca di ciò che si deve fare fino al termine della stagione. È un percorso tortuoso, difficile, però i giocatori mi dimostrano disponibilità e sono i primi a volersi tirare fuori da questa situazione».
L’ambiente attorno alla squadra? «Abbiamo avuto un colloquio con i tifosi prima del derby con il Verona. Ci hanno detto cosa vogliono da noi, il messaggio è chiaro. I primi a volersi tirare fuori da questa situazione il prima possibile siamo noi». Che derby sarà? «In questo periodo dell’anno le posizioni sono delineate, c’è chi si deve salvare e chi lotta per altri obiettivi. È una partita che vale sempre tre punti, ma oltre al punteggio una prestazione positiva darebbe ulteriore consapevolezza di essere sulla strada giusta». Da giocatore ha contribuito alla conquista della Coppa Italia (1997) e della semifinale con il Chelsea In Coppa delle Coppe (1998). Il tifoso vicentino avrà un occhio di riguardo nei suoi riguardi. «Sento che c’è stima e fiducia nei miei confronti. Uno che ha vissuto il periodo migliore della storia del Vicenza e adesso si ritrova seduto in panchina in questo momento, si senti più partecipe senza dubbio. Oltre a metterci la mia professionalità, ci metto qualcosa in più».
Del Padova cosa la colpisce di più? «È una squadra che ha una propria identità, con giocatori importanti e di qualità che danno sempre il massimo quando sono chiamati in causa. Se il Padova si trova lì non è per caso, ma a testimonianza del lavoro del tecnico. Oltre ad avere una squadra forte, ha trovato gli equilibri giusti». Nello staff biancoscudato c’è anche Sterchele, altra sua vecchia conoscenza: «Ho giocato insieme anche con Gino. Ma ho giocato anche con Pasa, e con Berlese abbiamo lavorato insieme a Bassano. È uno staff che conosco». Ci permetta di tornare ancora a lei. Abbiamo detto che è padovano: da bambino tifava per i biancoscudati? «Quando ero piccolino con mio papà ci spostavamo a domeniche alternate tra l’Appiani e il Menti». Suo padre Giuseppe – ricordiamo – come ciclista ha vinto il titolo olimpico a Roma 1960 nel tandem in coppia con Bianchetto, e tre titoli mondiali velocità. Per chi tifa tra Padova e Vicenza? «Più Vicenza in questo momento, è d’obbligo».
Fonte | Il Gazzettino
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