Buon giorno, Ventura. Vi aspettano al varco: a Padova la considerano la partita più importante dell’anno.
«Lo so. Non hanno problemi di formazione, psicologicamente hanno ribaltato la situazione con la vittoria in trasferta sul Sassuolo, sono nel loro momento migliore, hanno rivisto la luce della promozione diretta. Non mollano mai. Ho grande rispetto di loro. Dal Canto adesso pare che abbia anche trovato il modulo migliore».
Mentre voi siete decimati.
«Noi non abbiamo giocatori importanti, è vero, ma giocano altri che vogliono far vedere quanto sono importanti pure loro. E per me lo sono. Arriviamo a Padova con l’ambulanza. Però dalle ambulanze scende spesso gente rigenerata. Nessuno ci impedisce di puntare ugualmente alla vittoria. Tanto è vero che non abbiamo pensato nemmeno per un minuto in questa settimana che a Padova abbiamo a disposizione due risultati su tre. La mentalità vincente non cambia mai, è una nostra forza. I perdenti cadono non appena hanno qualche problema di formazione. Invece in questi casi le grandi squadre si sentono ancora più forti, perché hanno giocatori che vogliono dimostrarsi tutti determinanti. Ed è questo lo spirito che ti fa compiere le imprese più affascinanti. Dalle nostre parti aleggia da sempre. Sono contento di questo».
E’ una forma mentis rara, da massimi livelli.
«Noi conviviamo con le assenze da sempre e siamo lo stesso in cima da mesi. Altri invece hanno cominciato a perdere non appena hanno dovuto fare a meno di uno o due giocatori. Per dire: che succederebbe al Pescara se non avesse Immobile? Non lo so. Infatti elogio tutti i miei giocatori non tanto perché vincono, quanto per i progressi globali, anche nel modo di ragionare. Noi ogni giorno lavoriamo al 50% per fare risultato e per l’altro 50 per raggiungere l’obiettivo creando basi solide, uno zoccolo duro per il futuro. Il che significa una mentalità inattaccabile. E conoscenze ampie. In piccolo è ciò mi si chiedeva fin dall’inizio, cioè di ricreare lo spirito del Filadelfia, anche se non possiamo allenarci lì. Chi si allenava al Fila doveva subito adeguarsi a un insieme di regole non scritte, ma che si toccavano con mano ogni momento: mai tirare indietro la gamba, dignità, orgoglio, lottare sputando sangue, vietato mollare e via dicendo. Noi lavoriamo su due fronti, sul presente e sul futuro. E quindi stiamo imparando lo spirito del Filadelfia».
E’ ispirato: è per la grande partita che vi attende?
«Ormai mi sento granata dalla testa ai piedi. La maggioranza dei tifosi ha paura che questo sia solo un sogno e vive ancora nell’ansia. Noi vogliamo semplicemente continuare così. E a Padova, assenze o non assenze, dobbiamo giocare lo stesso da Toro, con umiltà ma pure consapevolezza della nostra forza. Lo ripeto da tempo: se vogliamo, possiamo. Far bene rappresenterebbe un nuovo segnale forte sulla strada che ci farà diventare i protagonisti assoluti. Questi giocatori li elogio anche per la voglia che hanno di trasmettere emozioni ai tifosi. Stanno stappando la bottiglia. Vedo il tappo che sale pian piano. Significa che sotto c’è qualcosa che frigge, che bolle. Quando il tappo salterà, ci ubriacheremo di entusiasmo e felicità. Tutti assieme».
E’ fin ditirambico. E lo diciamo seriamente.
«Almeno 7 squadre vogliono la A, oltre a noi. Ma per me il vero antagonista è il Toro stesso, se può rischiare di sedersi, rilassarsi, diventare presuntuoso o molle. Roba da ricovero alla neuro. Se accadesse, perderemmo non solo delle partite, ma anche il campionato. Questo è il vero avversario da combattere, anche se io… beninteso… rispetto tutte le altre squadre. Prima del Livorno dissi: se vinciamo, riusciamo a entrare nel casinò. Ora siamo dentro. E allora ce la giochiamo. Il calcio è una roulette. Vediamo che succede. Dove cascherà la pallina, su quale numero».
Dal Canto ha detto: «Se vinciamo, riapriamo il campionato».
«Ha ragione, anche se in realtà il campionato è già aperto, è ancora aperto. Così come sono d’accordo con lui che se invece andrà bene al Toro… prima col Padova e poi col Pescara… effettivamente si potrà dire che il campionato è iniziato in modo pesante a nostro favore. E’ fuori di dubbio che si darebbe una prima grande svolta».
Con fuga annessa. Intanto ora ritrova Bianchi. E lancia anche De Feudis.
«Bianchi è lì per segnare, ma in verità mi interessa più ancora ritrovare il giocatore che avevo prima della squalifica. Quello che lottava su ogni palla, un punto di riferimento per tutti. Il gol diventa un effetto naturale. Sono contento che Rolando sia tornato, anche se nessun giocatore da solo ti fa vincere: solo come squadra possiamo vincere. Quanto a De Feudis: sono felice che sia arrivata un’occasione importante anche per lui, è un bravissimo ragazzo e un buon giocatore. Non deve dimostrare nulla, ma raccogliere il frutto del suo lavoro e dei suoi sacrifici. Ho assoluta fiducia in lui. Ed è così tanta la sua voglia di giocare che è da mercoledì che De Feudis gira attorno allo stadio di Padova chiedendo di entrare…».
Foschi sostiene che il Toro abbia messo un piede in A il giorno in cui lei è arrivato.
«Rino lo conosco bene, siamo andati vicini più volte a lavorare assieme, ma poi è sempre successo qualcosa. Lui vorrebbe ancora lavorare con me, un giorno. E anch’io lavorerei volentieri con lui, chissà quando e chissà dove. Oltre che essere capace, ha il dono della simpatia. Una dote rara».
Fonte | Marco Bonetto per Tuttosport
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